Il Carnevale non è mai stato una festa peculiare a Trapani e non ha mai offerto spettacoli particolari. La tradizione storica, comunque, è ricca di esempi in cui i trapanesi hanno adottato comportamenti festaioli e di divertimento pubblico molto originali. Trapani poi non ha mai avuto una maschera di Carnevale tipica, l'unica e la più antica maschera siciliana è quella di Peppe Nappa che non ha origini in una precisa città siciliana. Può essere palermitana, messinese o trapanese.
Peppe Nappa nasce intorno alla metà del XVI sec. con la Commedia dell'Artein cui ha il ruolo di servitore, è goloso e un po' giullare, fannullone ma furbastro. 'Nappa' significa toppa dei calzoni in siciliano, la maschera così è il simbolo della miseria che nell'immaginario collettivo è rappresentata dalle toppe sugli abiti.
Peppe Nappa disegno di V. Peralta |
Le prime notizie storiche sul Carnevale a Trapani si hanno nella Historia di Trapani del Pugnatore (1545) in cui l'autore scrive che nel XVI secolo le manifestazioni coinvolgevano i quartieri della città. Durante i tre giorni di festa i popolani, vestiti a maschera, andavano in giro facendo gran baccano e pronunciando frasi licenziose mescolate a insulti e offese (anche verso le donne) provocando violente reazioni. Il luogo prescelto per questa pratica (certamente di cattivo gusto) a cui seguivano lanci di frutta e di verdure vari, era la Loggia. La conclusione di questo 'gioco' che oggi risulterebbe incomprensibile, era il rincorrersi vicendevolmente nei propri quartieri e che poteva ripetersi nella stessa giornata. L'indomani mattina poi tutti tornavano amichevolmente a raccontarsi i fatti ridendo tra loro.
La regola del divertimento sfrenato continuò anche nei secoli successivi. Il Carnevale era considerato la festa del popolo che, per tre giorni, dimenticava fame, amarezze e fatiche. Si andava per strada con il viso truccato e ai passanti si buttavano coriandoli e stelle filanti, borotalco e anche gesso bianco. Tutto questo avveniva la sera alla Loggia e per le vie del centro storico. Era tutto un lanciarsi insulti uno stridere di suoni e di 'tricchi-tracchi'. I nobili, invece, facevano la loro comparsa in carrozza, dispensando confetti colorati e dolcetti e poi in tarda serata si riunivano nei palazzi o nei circoli per il veglione. Le cronache narrano che nel 1847 il veglione si organizzò nell'allora teatro Ferdinandeo (in seguito teatro Garibaldi). Anche i popolani la sera si riunivano nelle case per il veglione.
Durante il Fascismo il Carnevale non fu così festeggiato perché il regime, piuttosto austero, lo vietò e non fu consentito di portare la maschera sul viso per motivi di sicurezza. Fu dopo la guerra che ritornò ad essere un'occasione di divertimento, di spensieratezza e di allegria popolare. Ritornarono le sfilate di carri, i veglioni e le impazzate di allegre comitive per le strade del centro storico. Degli anni '50 sono le due maschere u' nannu e a' nanna che, ritenuti personaggi importanti, ricevevano le chiavi della città. Il loro corteo diventò memorabile: su un carrozzino scoperto attraversavano la via Fardella fino al Corso Vittorio Emanuele lanciando confetti, coriandoli e stelle filanti. Giunti a Palazzo Cavarretta, dal balcone leggevano il loro testamento ai trapanesi. Una grande burla ai danni dei cittadini più in vista! Alla fine, rappresentati da fantocci, venivano bruciati con un falò a significare la fine della festa del Carnevale.
Inoltre il Carnevale, che, per antonomasia, è anche la festa del 'mangiar grasso' dopo il periodo difficile della guerra diventò emblema di pranzi familiari all'insegna dell'abbondanza di cibo e di dolciumi. Ancora oggi a Trapani, a partire dal giovedì grasso, in tutti i pranzi prevale la carne di maiale i cui menù in questi giorni sono a base di piatti tipici: fra questi il famoso 'cuscusu' a base di carne di maiale condito col brodo di broccolo o di altre verdure, molto usato anche il ragù di salsiccia per condire i maccheroni o le costate e la salsiccia arrostite sulla brace, sempre di maiale, che in questi giorni è il protagonista indiscusso a tavola. Tipici sono poi i confetti di Carnevale, rotondi o ovali, colorati, fatti di marzapane e zucchero e ripieni di mandorle o di liquore, e le mascherine di cioccolato anch'esse ripiene, vere golosità.
Durante il Fascismo il Carnevale non fu così festeggiato perché il regime, piuttosto austero, lo vietò e non fu consentito di portare la maschera sul viso per motivi di sicurezza. Fu dopo la guerra che ritornò ad essere un'occasione di divertimento, di spensieratezza e di allegria popolare. Ritornarono le sfilate di carri, i veglioni e le impazzate di allegre comitive per le strade del centro storico. Degli anni '50 sono le due maschere u' nannu e a' nanna che, ritenuti personaggi importanti, ricevevano le chiavi della città. Il loro corteo diventò memorabile: su un carrozzino scoperto attraversavano la via Fardella fino al Corso Vittorio Emanuele lanciando confetti, coriandoli e stelle filanti. Giunti a Palazzo Cavarretta, dal balcone leggevano il loro testamento ai trapanesi. Una grande burla ai danni dei cittadini più in vista! Alla fine, rappresentati da fantocci, venivano bruciati con un falò a significare la fine della festa del Carnevale.
mascherine colorate |
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