sabato 9 dicembre 2017

'Detti' di Natale

   Di ogni tempo esistono modi di dire che riassumono la cultura popolare di una città: il linguaggio dialettale della vecchia Trapani ne è ricco. Rimangono conservate nella memoria delle generazioni più anziane alcune espressioni che si riferiscono al periodo natalizio come: "Dopu Natali, 'u friddu e a fami!" che sta a significare la triste realtà dei tempi di magra (per fortuna superati) dopo l'opulenza della festività natalizia; "Rurari di Natali a Santu Stefano" cioè durare pochissimo: 24 ore, appunto; "Di Santa Lucia a Natali: quantu un passu ri cani; di Natali all'annu novu: quantu un passu r'omu" che vuole dire come durante queste date le giornate si allungano, anche se il detto popolare contiene un errore perché il solstizio d'inverno non cade il 13 ma il 21 dicembre. La fondatezza dell'allungamento delle giornate post solstizio è però esistente. 
   Sarà compito delle generazioni più giovani custodire e tramandare questi 'detti' perché non spariscano del tutto.
Trapani, Museo Pepoli: presepe
  
  

sabato 2 dicembre 2017

Le 'senie' di un tempo

Cordova: noria presso il Guadalquivir
vicino ponte romano
   Con il termine 'senia 'a Trapani si indicavano gli orti coltivati che sorgevano attorno alla città.
   La senia o 'noria' (quest'ultimo è il nome spagnolo che a sua volta deriva dall'arabo 'na-ara' che significa: far zampillare) era il nome che veniva dato alla macchina che serviva a tirare l'acqua dai pozzi. Il sistema era innovativo rispetto alle tecniche tradizionali ed era stato inventato dagli arabi che lo importarono sia in Spagna che in Sicilia. Si trattava di una ruota idraulica (azionata per lo più da un asino oppure da un mulo, fatto girare con gli occhi bendati) che portava in superficie secchi d'acqua da un pozzo.
una 'senia' immaginata in opera (disegno di V. Peralta)
resti del molino de la Albolafia 
noria vista da vicino (Cordova)
(foto di G. Gandolfo)
   L'operazione di riempimento e sollevamento dei secchi era continuo ed era seguita dal capovolgimento dell'acqua in una vasca di accumulo, detta 'gebbia'. L'acqua poi, all'occorrenza, veniva distribuita per l'irrigazione dei campi tramite piccoli canali. Ai canali principali erano collegati i 'surgoli' che ospitavano le piante dove l'acqua arrivava spostando con la zappa un piccolo cumulo di terra (stagnaturi). La concimazione era tutta stallatica e gli anticrittogamici erano: 'u surfaru' (lo zolfo) e 'u cilestru' (il solfato di rame). La coltivazione delle piante da orto seguiva la stagionalità biologica di ciascuna di esse. All'inizio la conduzione della 'senia' era per lo più a carattere familiare.
   Le prime 'senie' si pensa che sorgessero tra la prima metà del XVI secolo e la fine del XVII secolo. L'addetto alla 'senia' cioè al pozzo veniva chiamato 'siniaru' o anche ortolano perché si dedicava alla coltivazione degli orti (ars hortolanorum). Col tempo i 'siniara' diventarono una categoria sociale dando vita ad aziende orticolticole con lavoratori dipendenti. Il mercato di verdura della città 'u scaru' per diversi decenni è stato rifornito giornalmente da 'siniara' locali ed è stato un punto di riferimento per venditori fissi ed ambulanti.